Chi è Franco?
Sono Franco Lisi. Dopo aver frequentato la scuola dell’obbligo presso l’Istituto dei Ciechi di Milano e aver conseguito il diploma di maturità classica nella scuola comune presso il liceo Manzoni di Lecco, ho lavorato in qualità di programmatore di elaboratori elettronici, analista e capo-progetto in una società di sviluppo software in giovane età. Ho conseguito la laurea in sociologia presso l’Università degli Studi di Urbino con lode e una seconda laurea, sempre con lode, in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Macerata, nell’anno 2013. Attualmente sono Direttore Scientifico della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano ( www.istciechimilano.it) e responsabile della famosa mostra Dialogo nel Buio ( www.dialogonelbuio.org ) che da oltre 15 anni, a Milano, si è rivolta a 3 milioni e mezzo di visitatori. Sono presidente della RSA Casa di riposo di Civate, Direttore Generale dell’Istituto Nazionale di Valutazione Ausili e Tecnologie (INVAT – www.invat.info). Infine, Consigliere Regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (www.uiciechi.it).
Quando si parla con una persona non vedente, si ha paura di non saper usare le parole, di usare quelle sbagliate, può dirci la sua opinione?
Parole giuste e sbagliate: cieco, non vedente,
ci vediamo domani, etc
Sappiamo che il linguaggio è uno degli elementi fondamentali nella comunicazione e soprattutto risulta essere il canale principale nel consolidamento empatico in una relazione con l’altro. La complessità della comunicazione non risiede soltanto in quello che trasferiamo al nostro destinatario in termini di contenuti, ovvero di terminologia utilizzata, di significati ma anche nel modo in cui esprimiamo il nostro messaggio, il contesto, le tempistiche… Intendo a significare che il para verbale spesso è il biglietto da visita, è specchio del nostro pensiero e della considerazione che noi rivolgiamo al nostro interlocutore al di là delle parole con cui ci rivolgiamo a lui. In questo quadro, non sono da condannare e da biasimare espressioni, in verità a volte anche antiquate, ma soprattutto il contesto e le modalità con cui vengono esternate.
Rispetto alle persone che ha incontrato e che incontra tutt’ora, quanto ritiene che arrivi loro dell’uomo Franco e quanto del cieco Franco?
In qualsiasi contesto quando ti relazioni con persone che non hai mai conosciuto e che comunque non hanno mai avuto rapporti con la disabilità e nello specifico con la disabilità visiva, è fuor di dubbio che la cecità, le tecnologie assistive, il codice braille, i display braille, le tecnologie specifiche per ciechi, sono oggetto di una prima attenzione e un forte richiamo alla curiosità. Sta a noi, alla persona non vedente, in qualsiasi contesto del ruolo sociale ricoperto (allievo a scuola, nel corso di un viaggio, in una riunione di lavoro) favorire l’avvio e il mantenimento di una relazione efficace. A quel punto, velocemente, dopo un primo momento anche naturale di disorientamento, chiunque sa di trovarsi di fronte all’uomo Franco e non più di fronte ad una persona genericamente cieca.
Parliamo di Dialogo nel Buio. Qual è il messaggio che vorrebbe che passasse ai milioni di visitatori di tutte le età che provano l’esperienza del percorso sensoriale?
Visitare Dialogo nel Buio o partecipare ai workshop, non significa “giocare a fare il cieco” non è così, anzi, è il contrario… chi vive per qualche ora in questo tipo di buio, ha l’opportunità di vedere di più, dentro di sé, dentro gli altri e apprezzare diversamente e in modo anche più intenso la realtà circostante. Di qui il valore formativo, esperienziale e fortemente emotivo di questa mostra.
La formazione al Buio.
Il buio è un catalizzatore dei processi, un acceleratore degli apprendimenti, un propellente per modificare le proprie azioni: come viene utilizzato il Buio in ambito formativo aziendale? Come vengono mixati questi ingredienti? Ce li descriverebbe?
I punti di forza dei laboratori sono costituiti da due elementi che li rendono davvero speciali: il buio che è l’infrastruttura laboratoriale in cui i partecipanti sono chiamati ad agire e le persone non vedenti, che da un lato forniscono l’aiuto necessario per far sì che i partecipanti escano da situazioni di crisi, e dall’altro possono essere d’esempio per la crescita personale grazie ad abilità maturate in una vita certo non facile.
La temporanea perdita di un senso chiave, porta a rallentare i ritmi della routine quotidiana e a concentrarsi sull’essenziale. L’esperienza dell’oscurità totale fa emergere l’intelligenza emotiva e la competenza sociale del singolo poiché sono queste abilità a entrare in azione e a intensificarsi più rapidamente. I partecipanti del corso si confrontano con sè stessi, gli altri e, cosa più importante, con l’ignoto.
Quale valore aggiunge un trainer non vedente alla formazione che proponete?
I trainer di Dialogo nel Buio sono appositamente formati per rispondere a specifiche competenze richieste all’interno della formazione aziendale. La loro condizione li rende esperti di multi sensorialità. Grazie alla loro testimonianza di vita, ci ricordano che, sfruttando a pieno le risorse che l’essere umano ha a disposizione, si è in grado di superare limiti apparentemente insormontabili.
La formazione esperienziale al buio è più efficace di altre. Perché?
Nei laboratori si sperimentano le competenze personali e sociali indispensabili per affrontare la complessità delle dinamiche aziendali. Vale a dire, non soltanto apprendimento in aula di concetti e di valori fondamentali, ma anche il loro trasferimento nell’agire quotidiano utilizzando altri canali comunicativi, ossia i sensi e l’amplificazione di essi per poter agire e uscire da situazioni di crisi. In ultimo ma non meno importante con questa esperienza si favorisce lo sviluppo e il potenziamento del muscolo della capacità decisionale, della volontà anaerobica e del coraggio. Questi elementi, oggi giorno, fanno indubbiamente la differenza in qualsiasi persona, in qualsiasi professione, in qualsiasi situazione della propria vita.
Qual è l’atteggiamento che lei ritiene più importante nella vita e che si sente di voler condividere?
Non mi appartiene il ruolo del moralista e del predicatore, ma è fuor di dubbio che tendere a predisporsi verso l’altro con atteggiamenti di ascolto, di dialogo, di rispetto, costituisca già un punto da cui tutti dovremmo partire. L’onestà intellettuale, la coerenza e il rispetto dei principi spesso enunciati ma non sempre rispettati, sono altri importanti valori, da perseguire con tenacia, speranza, fiducia e volontà.