Mente e corpo
uniti nella malattia
Dott. Bressi Pizzimenti, le emozioni possono produrre malattie “importanti”?
È possibile. Il nostro stile di vita, le nostre emozioni, i nostri atteggiamenti influenzano la nostra salute.
Quante volte, se siamo affaticati o depressi, vediamo comparire sulle nostre labbra il fastidioso “herpes”?
Quante volte abbiamo osservato che persone che hanno vissuto un forte stress emotivo, per esempio un grave lutto non assimilato (elaborato o metabolizzato) / trasformato emozionalmente hanno probabilmente creato a distanza di anni l’insorgenza di malattie importanti comprese quelle neoplastiche?
Molte di queste considerazioni, inspiegabili sino a molti anni fa, trovano oggi ampio riscontro nella interazione tra sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario, sistemi che comunicano tra di loro attraverso molecole definite neuropeptidi, ormoni, citochine nonché recettori centrali e periferici.
Di contro, serenità, leggerezza, buon umore preservano dalle infezioni, in quanto vengono mantenuti alti i livelli di immunoglobuline di classe A, che stimolano la produzione di endorfine, le quali agiscono sul sistema immunitario.
Emozioni e sistema immunitario.
Esiste una correlazione?
Certamente. Anni di condizionamento psicologico emozionale possono generare situazioni di forte stress internamente al nostro organismo in grado di modificare a livello biochimico il sistema cellulare di riferimento.
Stress intensi e duraturi alterano i parametri immunitari; meno anticorpi, aumento dei linfociti “T” suppressor, bassa produzione di interferone e alterata funzionalità delle cellule “natural Killer”.
Inoltre, condizioni di stress cronico liberano quantità elevate di adrenalina e cortisolo, che generano un’azione immunosoppressiva nella persona a rischio, e quindi lo sviluppo di infezioni e malattie importanti.
Dopo il Covid si è parlato sempre di più di utilizzo della “medicina comportamentale”. Cosa ci può dire?
La medicina comportamentale parte dalla conoscenza profonda del paziente caratterizzato da pensieri, emozioni e convinzioni. Molti dei nostri pensieri possono essere collegati a uno stato di disagio interiore generato da schemi mentali ricorrenti. L’obbiettivo della medicina comportamentale è quello di individuarli, correggere schemi fissi di ragionamento e di interpretazione della realtà, arricchendoli con pensieri più oggettivi e funzionali al benessere della persona. è fondamentale inoltre, modificare la relazione fra le situazioni che creano difficoltà e le reazioni emotive che la persona presenta in specifiche circostanze mediante l’apprendimento di nuove modalità di reazione comportamentale. Diventa importante, quindi, capire quali siano le convinzioni costruite dalle “esperienze” che, causando specifici comportamenti e modalità nell’affrontare la situazione, possono portare all’insorgenza di patologie di rilievo.
Quali sono i campi internamente ai quali è utile utilizzare la “medicina comportamentale” ?
Pazienti che presentano disagi cronici, droga, alcool, fumo, e pazienti affetti da malattie che hanno nello stress la loro causa d’insorgenza. La medicina comportamentale viene utilizzata anche nell’aiuto a pazienti che possono presentare “paura” prima di un importante intervento chirurgico o addirittura essere utilizzata in pazienti “terminali”.
Qual è il modello della “medicina comportamentale”?
Il modello si basa sulla possibilità di modificare il cammino della malattia, attraverso la comprensione dei meccanismi che hanno contribuito alla sua insorgenza.
Attraverso l’osservazione, possiamo identificare le attitudini del paziente, desensibilizzando convinzioni psicologiche vecchie nel tempo e schemi ripetitivi di pensiero ricorrenti. Scopriremmo così le emozioni, le avversità e lo sconforto, elementi cognitivi che, definendo modelli prefissati, agiscono a livello conscio ed inconscio. In affiancamento ai trattamenti medici convenzionali, la “medicina comportamentale” è in grado di contribuire positivamente sull’andamento della malattia, agendo sul sistema complessivo.
Sin dal 1970, il mondo scientifico ha dimostrato che ogni emozione definisce un segnale cellulare implicato nel trasferire l’informazione a livello corporeo. Le “sostanze” delle informazioni emozionali sono costituite da recettori molecolari da cui si sviluppò il concetto che pensieri sensazioni ed emozioni avessero una base bio-chimica e che gli specifici recettori molecolari sono stati spesso identificati sulla superficie cellulare. L’incontro tra molecola e recettore è la chiave chimica capace di trasferire l’informazione dentro la cellula, modificandola. Queste molecole (steroidi, peptidi…) sono state rilevate nel sistema limbico che rappresenta il nostro cervello emozionale. Quindi, un vero linguaggio bio-chimico collegato a cervello, apparato gastro-intestinale, sistema nervoso e immunitario legato da una ben precisa rete di scambi comunicazionali.
Lo stress può essere la causa di un processo
di degenerazione cellulare?
È possibile. Ma ricordiamoci che lo stress può anche essere uno stimolo positivo, che va ben gestito (eustress).
Lo stress negativo (distress) può essere attivato da molte situazioni che la persona intravede come una minaccia. È una reazione ad uno stimolo specifico, sia esogeno che endogeno, che può determinare alterazioni fisiche emotive e mentali. Quando il meccanismo dello stress è attivato, la struttura mente/corpo rivede velocemente tutte le esperienze passate, le memorie inconsce radicate internamente al sistema limbico e stabilisce se quanto sta accadendo rappresenta una minaccia. Questo processo dinamico impatta sul sistema nervoso simpatico, rilasciando per lungo tempo gli specifici ormoni stressogeni, quali il cortisolo. La crescita, a livello ematico, del cortisolo comporta modifiche dell’umore, altera la memoria, abbassa il livello di serotonina e indebolisce il sistema immunitario.
Molte ricerche evidenziano che, negli anni precedenti l’insorgenza di molteplici patologie, le persone hanno – per esempio – imparato ad ignorare i propri bisogni, in modo da soddisfare bisogni di altri, hanno rifiutato di riconoscere i propri limiti emozionali o hanno palesato l’incapacità di esprimere le loro emozioni, in quanto condizionati dall’assetto emotivo appreso sin da bambini. Tendenzialmente il modo in cui le persone gestiscono i livelli di stress è basato sulle regole adottate dalla società internamente alla quale viviamo o dai modelli educativi parentali. Depressione, disperazione ed altro sono emozioni potenzialmente concause di patologie particolarmente serie.
“Medicina comportamentale”: quale terapia?
Tecniche di meditazione, di rilassamento e simbolismo visuale possono ridurre alti livelli di ansia, smantellando le convinzioni negative e i pregiudizi delle persone. Un’altra dimensione terapeutica è quella che si avvale dell’utilizzo positivo dei nostri schemi linguistici.
Se, le parole che utilizziamo – nel bene e soprattutto nel male – nella nostra quotidianità sono espressione dei nostri pensieri, è possibile che abbiano un così profondo effetto internamente al nostro subconscio, che, intervenendo sul sistema nervoso centrale, possano influire negativamente sul nostro sistema immunitario. Di rimando: se prendiamo profondamente conoscenza dei nostri schemi linguistici, possiamo trasformare i significati da negativi in positivi, generatori di comportamenti valoriali con benefici influssi su tutto il sistema.