Effetto pandemico nelle aziende: come cambieranno i contesti?
Cambieranno, se i leader aziendali leggeranno il “trauma” pandemico come una grande opportunità generatrice di rinnovamento. Quando la pandemia ci ha raggiunti le persone hanno percepito che la loro vita sarebbe stata più complessa perché avrebbero dovuto modificare le modalità con cui organizzavano la loro quotidianità.
Al “trauma” generato dalla gestione di una nuova complessità e al senso conseguente di vulnerabilità, isolamento, sopraffazione, era necessario contrapporre una risposta di adattamento rapida per non perdere tutte le possibili connessioni con le loro relazioni, usando in modo sostenuto tutte quelle tecnologie che avrebbero evitato un profondo senso di isolamento. Nel tempo, la paura di essere infettati, il possibile senso di colpa per la capacità di infettare, il senso di rabbia e impotenza, il panico e la sofferenza, il rifiuto di tutte quelle regole sociali imposte che li avevano costretti a modificare i loro comportamenti, la latente depressione innescata dalla deprivazione di contatti, relazioni e attività generatrici di valori positivi, il senso di minaccia legato alle comunicazioni dello sviluppo della pandemia, sono stati sostituiti da una nuova consapevolezza, espressione di una maturità di pensiero e comportamento, che ha interpretato e interpreta il trauma come un’inedita opportunità di innovazione e trasformazione.
Questo nuovo pensiero ha visto come primi attori il Top management e gli executive che hanno, oggi, la responsabilità di rispondere alle positività espresse indirettamente dal trauma che la pandemia ha generato, avendo loro stessi sviluppato nuove sensibilità generatrici di miglioramento / cambiamento nelle modalità di gestione della loro organizzazione. Uno dei primi esempi è legato al forte utilizzo delle tecnologie digitali utilizzate nei comportamenti di famiglie e imprese: una svolta importante e certamente positiva.
Una nuova strada che non va dimenticata e che, in futuro, andrà percorsa da parte delle aziende con sempre più coraggio e determinazione. Occorre infatti ripensare e riprogettare, ove possibile, il funzionamento della propria azienda in una realtà esposta alla trasformazione digitale: al di là della pandemia, le organizzazioni andrebbero adattate molto velocemente ad un mondo globale, veloce e in costante trasformazione. Andrebbero inoltre rilette e ridefinite le relazioni con i dipendenti: le vecchie modalità di gestione del personale sono ampiamente superate e il post Covid ci dà l’opportunità di adottare possibili innovazioni.
Il futuro aziendale del post pandemia non può non prevedere cambiamenti di direzione orientati alla modifica della cultura, della tecnologia, delle funzioni, degli spazi e delle politiche HR.
Nessun cambiamento senza la nascita di una nuova cultura?
Affrontare il futuro sarà impresa ardua se la cultura dell’organizzazione non si modificherà velocemente. Il cambiamento dovrà essere sistemico. L’urgenza di iniziare un processo di change management sarà fondamentale per il significato strategico a cui riferirsi.
Il cambiamento di mindset, sarà fondamentale in quanto il Covid-19 ha generato una forte accelerazione nell’ambito della gestione dei processi aziendali. La veloce trasformazione del contesto socio-economico-culturale dovrà orientare il management a ripensare ai modelli di business e a tutta la conseguente organizzazione. La variabile temporale definirà la costruzione di planning che passeranno dal lungo periodo a pianificazioni a breve. Tutte le persone dovranno essere coinvolte internamente ad una nuova cultura aziendale attraverso la ridefinizione di nuovi valori, dove la capacità di resilienza sarà accompagnata da flessibilità, agilità e collaborazione. L’apertura mentale verso la “digitalizzazione” comporterà un nuovo modello comportamentale dove la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi prevederanno una forte capacità di visione e immaginazione.
Il digitale: opportunità?
La pandemia ha dato un forte impulso all’introduzione e all’utilizzo di strumenti orientati a far lavorare e collaborare al meglio le persone: la digitalizzazione sempre più trasversale, capace di integrare tutti i sistemi aziendali rappresenterà un requisito necessario per guardare con fiducia al futuro. La “sicurezza” di tutti i sistemi dovrà essere assicurata e rafforzata perché molte attività passeranno dal mondo fisico a quello digitale, garantendo così continuità operativa, compliance, e soprattutto la sicurezza di tutti i sistemi aziendali.
Quale valore avranno le funzioni organizzative?
Il ridisegno dell’organizzazione teso a valutare quali strutture organizzative saranno necessarie, eliminando così sovrapposizioni e ridondanze funzionali, rappresenterà uno degli elementi di cambiamento delle organizzazioni.
Per valutare correttamente dove intervenire sarà necessario conoscere tutti i possibili accadimenti interni, avendo chiare tutte quelle modifiche che il COVID 19 ha prodotto internamente all’organizzazione aziendale, non soltanto nell’ambito della struttura formale, ma soprattutto nell’ambito delle relazioni informali.
I Top Manager e i loro più diretti collaboratori dovranno avere chiaro l’impatto che la pandemia ha avuto su tutte le funzioni per ridisegnare nel post tutto il processo decisionale. Avere chiaro quali strumenti adottare in grado di elaborare misurazioni rivelatrici sarà fondamentale. L’Experience Mining, strumento “leggero” inteso come piattaforma che utilizza algoritmi per analizzare dati, è in grado di fornire una mappa dei comportamenti e dei processi effettivi, offrendo quanto sopra in cluster e KPI molto validi al fine della misurazione della performance.
L’Organizational Network Analysis (ONA) propone uno strumento interessante per visualizzare come la comunicazione, le informazioni e le decisioni si muovono internamente all’azienda al di là della sua organizzazione e gerarchia formale. Sarebbe interessante sapere, ad esempio attraverso una network analyisis, come l’home working imposto dall’emergenza avrebbe dato luce a nuovi elementi di forza e anomalie dell’organizzazione attraverso la costruzione di nuove modalità di collaborazione informale.
E gli “spazi”?
La pandemia ha abituato milioni di persone a lavorare da casa. Parecchie società, soprattutto di servizi, hanno verificato di poter essere produttive con un terzo del loro organico.
Molti Manager, dovranno porsi la domanda se in futuro, la loro organizzazione potrà operare in maniera differente dal passato, con presenza minima di persone, attraverso la ridefinizione dei tempi d’attività e il ridisegno degli spazi (open space inclusi), mantenendo sempre alti i livelli di produttività e di motivazione delle proprie persone. La risposta non sarà semplice, in quanto ogni società ha una sua unicità e ogni componente dovrà essere pensata per la realtà in divenire. Tutto dovrà essere ripensato attraverso una prospettiva sistemica e dinamica, avendo le organizzazioni la sensibilità di non vedere la fine della pandemia come momento per un ritorno al passato.
Le Persone: più fiducia e corretto controllo?
Grande è stato il rispetto che le aziende hanno mostrato per le linee guida dettate dal Governo, adeguandosi alle stesse al fine di garantire la sicurezza delle loro persone. L’home working (attenzione a non parlare di smart-working… siamo ancora lontani…) è stata per anni una modalità poco adottata perché pensata come non attuabile dalle organizzazioni. Con la pandemia, invece, milioni di persone hanno dimostrato che è possibile lavorare da casa, palesando così la praticabilità del modo attraverso comportamenti ammirevoli.
Il passaggio culturale e strategico per le aziende e le proprie persone sarà in futuro quello di adottare modalità di lavoro in “Smart-Working”, facendo leva sulla responsabilità individuale e sull’intelligenza di sistema, quindi sociale. L’attività da remoto, non potrà essere agita attraverso un modello di leadership basato sul comando e sul controllo bensì sulla fiducia e sull’empowerment: il dove o quando la persona lavorerà avrà sempre meno significato perché aprirà la strada a una nuova modalità di pensiero dove il valore della qualità e la responsabilità degli obbiettivi assegnati saranno elementi fondamentali espressi attraverso comportamenti ben identificabili.
Quindi?
1. Educare al lavoro per obiettivi e non per task. Rendere le persone libere di organizzarsi responsabilizzandole sui risultati. Ciò che conta è il raggiungimento degli obiettivi. Se necessario, l’azienda potrà avviare dei momenti di upskilling e reskilling. è importante che le persone acquisiscano velocemente nuove competenze. Molte persone, avendo già sensibilità col digitale non avrebbero alcuna difficoltà ad apprendere le skill necessarie per aggiornarsi sul terreno professionale, rendendo i tempi attuativi più veloci del previsto.
2. Usare gli analytics per ottimizzare l’efficienza del lavoro a distanza. Non tutte le persone operano al meglio da remoto. Molte volte elementi personali o di contesto generale non agevolano questa modalità di lavoro. Poiché lo smart working è altamente digitalizzato, attraverso il controllo degli analytics, il management può capire quale persona è in grado di lavorare da remoto, e quale sarebbe meglio far operare dall’ufficio.
3. Dare ai dipendenti la possibilità di lavorare attraverso un network di teams. Uno degli ultimi rapporti di McKinsey, visto il grande cambiamento dell’ambiente esterno prodotto dalla pandemia, invita le aziende a attivare un network informale di team autorizzati a operare esternamente alla gerarchia e struttura burocratica dell’organizzazione. Nello specifico, il management dovrà promuovere una rete coesa e adattabile, animata da missione e obbiettivo comune, capace di raccogliere informazioni da trasformare in soluzioni rapidamente operative (McKinsey, To weather a crisis, build a network of teams, aprile 2020).
4. Trovare le modalità per compensare la mancanza di socializzazione. Uno degli aspetti negativi del lavoro a distanza è legato alla mancanza delle interazioni sociali one-to-one. La povertà della vita di relazione comporterà per molte persone difficoltà di carattere mentale ed emotivo. Elaborare e introdurre creativamente iniziative social che aiutino le persone a sentirsi parte integrata di una comunità professionale sarà uno degli elementi vincenti sui quali far leva per mantenere alto il livello di appartenenza. Ogni azienda avrà la responsabilità sociale di dare il proprio contributo al fine di mantenere sempre in equilibrio la relazione tra vita e lavoro delle proprie persone in maniera semplice e attraverso soluzioni adattabili alle esigenze individuali.
5. Valutare, ripensare, e “innovare” l’intera esperienza dei dipendenti. Prossimamente rientrerà in ufficio una parte crescente del capitale umano. L’esperienza di home working vissuta ha dimostrato di funzionare al di là di ogni negativa ipotesi e certamente rimarrà una forma di attività lavorativa che le aziende non potranno accantonare. L’esperienza vissuta dalle persone andrà ripensata, ridisegnata e ulteriormente valorizzata alla luce del passato. Le organizzazioni e gli analisti avranno il compito di portare alla luce e studiare internamente a ogni singola struttura organizzativa ogni possibile caso al fine di individuarne le migliori best-practice.
In futuro le aziende dovranno preoccuparsi di motivare al meglio le loro persone con un occhio attento ai giovani, definendo inequivocabilmente qual è lo scopo ultimo dell’attività d’impresa agita attraverso comportamenti coerenti da tutta l’organizzazione. McKinsey ha recentemente presentato una ricerca affermando che “Un purpose può liberare il potenziale dei dipendenti – aiutandovi a vincere la guerra per i talenti, a mantenere le persone migliori e ad aumentare la motivazione dei dipendenti. Oggi, circa due terzi dei Millennial tengono conto dell’impegno sociale e ambientale di un’azienda nel decidere dove lavorare” (McKinsey Quarterly, Purpose. Shifting from why to how, aprile 2020).
Oggi sono tante le persone attente e sensibili alle ricadute delle proprie azioni. Le aziende dovrebbero porre maggior attenzione alle esigenze dei propri stakeholder che non dei loro shareholder. Se gli azionisti di riferimento tendono ad avere un netto interesse per i guadagni a breve termine, gli stakeholder – dipendenti, clienti, fornitori, sindacati, comunità locali, avendo una prospettiva a lungo termine, tendono a conoscere il livello di affidabilità di tutta l’organizzazione e degli impegni presi a lungo termine anche sul piano della responsabilità sociale e ambientale.
Il Covid 19 ha posto alle aziende e a tutta l’umanità la richiesta di una nuova “rinascita”, dove saranno le persone, elementi fondamentali del nostro vivere quotidiano e delle attuali organizzazioni, a tracciare la traiettoria di un futuro che non potrà più essere ancorata a molti dei comportamenti del passato.
Ad ognuno, la propria responsabilità, nell’essere parte attiva di questo cambiamento epocale.
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