La costituzione di Veritas è avvenuta nel 2007, dopo 15 anni ne parla Andrea Razzini, Amministratore Delegato prima, e Direttore Generale poi, di questa che è tra le più peculiari utility del Nord Italia.
Veritas è oggi una grande organizzazione nei servizi pubblici di acqua e rifiuti, ma l’azienda è frutto di anni di fusioni. Un modo di crescere non sempre lineare. Come è andata in questo caso?
L’azienda nel 2005 garantiva i servizi pubblici essenziali, acqua e rifiuti, alla sola ma speciale città di Venezia; dopo 15 anni di distanza si è profondamente evoluta, fornendo i servizi ambientali nel territorio della Città Metropolitana e quelli del ciclo idrico integrato anche a 7 comuni del territorio trevigiano, secondo le geometrie definite dagli ambiti regionali. Sembra naturale pensare che i servizi pubblici debbano essere organizzati ed erogati secondo dimensioni territoriali adeguate e, soprattutto, secondo le dimensioni economiche e sociali territoriali ma fino a pochi anni fa questo genere di servizi era erogato solo a livello comunale. Conseguentemente a questo, la costituzione di Veritas è stata frutto della fusione di diverse aziende, attive proprio nei servizi pubblici locali, dalle quali si è cercato di estrarre e adottare il meglio dei modelli organizzativi, uniformandoli e creandone di nuovi e più adatti.
La società, in effetti, sotto la guida dei 51 Comuni che la posseggono al 100% ha potuto ristrutturare i servizi pubblici, migliorandoli, anche grazie a 34 operazioni di razionalizzazione societaria, precedute da altrettante acquisizioni. Il progetto di continuo miglioramento dei sistemi organizzativi, grazie al quale i servizi oggi sono tutti certificati, può contare su circa 3000 dipendenti diretti – un saldo occupazionale attivo anche rispetto alle aziende accorpate – mentre altri 500 fanno parte del perimetro delle aziende controllate, tutte attive nella parte industriale di gestione dei rifiuti solidi o liquidi. Anche in questo caso la scelta è stata originale, preservando un modello che ricorre all’esternalizzazione in limitatissimi casi.
Da parte mia spero sempre di essere in grado di trasmettere, ad ogni livello e con ogni mezzo, il senso del goal, ovvero riuscire a fare in modo che ognuno giochi la partita nel suo ruolo, ma con l’idea di essere veramente necessario o utile a raggiungere gli obiettivi comuni, direi …a segnare il goal. Si sa che chi segna è più visibile, ma si deve sempre sapere che è tutta la squadra a vincere. Il senso di appartenenza in una grande organizzazione è sempre un problema, tuttavia credo che siamo riusciti a crearlo, forse aiutati anche dalle tante emergenze che il territorio ha subito e che hanno visto la gente di Veritas in prima linea nei soccorsi e nelle soluzioni a momenti difficilissimi (alluvioni, incendi, emergenze sanitarie, mareggiate eccezionali, trombe d’aria, inquinamenti puntuali e diffusi, eccetera).
L’azienda punta a migliorare i servizi, ma anche all’autosufficienza del territorio. Come si raggiunge?
L’obiettivo di Veritas è quello di accrescere il livello di autosufficienza impiantistica e il necessario livello di integrazione con una solida rete di industrie correlate, necessarie per non incorrere in emergenze varie e dare garanzie di efficiente gestione e di contenimento dei costi. L’azienda da anni sviluppa i suoi progetti secondo l’idea di un ciclo certificato ed integrato del trattamento dei rifiuti, minimizzando l’utilizzo della discarica per lo smaltimento. Sembra incredibile ma l’uso delle discariche è ormai limitato al solo 3% annuo dei rifiuti urbani raccolti. Tutto il resto viene riciclato, sfiorando l’82% dei materiali, o recuperato energeticamente (per l’ultimo il 15%). Questo tipo di risultato prevede un assetto impiantistico articolato e in grado di preparare e avviare tutti i rifiuti e i materiali raccolti all’interno delle filiere del riciclo o del riutilizzo. Un modello industriale profondamente correlato allo sviluppo e all’evoluzione dei sistemi di raccolta differenziata e anche ad una acquisita flessibilità degli impianti industriali del Gruppo, principalmente situati a Porto Marghera, e che attualmente garantiscono di trasformare e riciclare circa 530.000 tonnellate di rifiuti all’anno, pari a 1,5 milioni di persone, con picchi stagionali rilevantissimi, dato il primato turistico indiscusso del Veneto, dei litorali veneziani e di Venezia.
Quanto è importante saper gestire i continui cambiamenti a cui le aziende devono adeguarsi?
Negli ultimi dieci anni si è assistito a continue riforme nel settore delle partecipazioni pubbliche degli enti locali e anche a continue evoluzioni della legislazione ambientale: ultima per novità e per rilevanza è quella dell’economia circolare e del green new deal che l’Unione Europea ha varato due anni fa e ormai sta permeando tutte le legislazioni nazionali. È ormai divenuta una necessità inderogabile quella di aggiornarsi, informarsi e formarsi continuamente. Peraltro, nel lavoro di un’azienda come Veritas anche le evoluzioni scientifiche e tecniche comportano novità nella gestione di ogni processo e “fare ambiente” sul serio significa sapere, conoscere, adeguarsi ed evolvere. La formazione quindi è sempre di più la chiave per lo sviluppo e la crescita delle organizzazioni e anche delle persone. In questo, anche grazie a valenti collaboratori e tecnici, spero di aver improntato una svolta radicale e, mi auguro, duratura. Tutti pensano di sapere come si può garantire una gestione sostenibile dei rifiuti o ancora del ciclo idrico integrato; sono infatti argomenti che interessano tutti, così come nessuno si dice mai “nemico dell’ambiente”. Tuttavia, nei fatti ciò non corrisponde alla realtà. Moltissimi comportamenti collettivi o individuali dimostrano che l’ambiente è sempre più in pericolo e, nonostante le buone intenzioni, a proteggerlo e a salvaguardarlo tutti i giorni ci sono certamente le persone che lavorano per la nostra azienda o per le aziende simili alla nostra. È per questo che siamo e saremo sempre più consapevoli nel fare le cose necessarie affinché i servizi ambientali siano ottimali, le tecnologie aggiornate, gli impatti ridotti; è solo così che si può salvaguardare l’ambiente con i fatti e non con le parole. La formazione, lo studio, la conoscenza in questo genere di attività basate da un lato sui servizi e dall’altro sui processi industriali complessi sono quindi fondamentali oltre che, ritengo, stimolanti per chi voglia dare un senso anche al proprio lavoro.
Come vi siete organizzati durante l’emergenza Covid visto che i vostri servizi sono considerati essenziali?
Da un lato va ricordato che i nostri sistemi operativi sono progettati per affrontare il rischio biologico e altri agenti patogeni, quindi le persone sono formate ed informate per contrastare potenziali contagi in genere. Ovviamente per questa emergenza l’azienda si è dovuta adattare costituendo un comitato di crisi permanente di 4 componenti, tra cui due medici aziendali, che ha coordinato e attivato ogni procedura necessaria per proteggere le persone che operano per Veritas. Ovviamente l’azienda è stata chiamata anche questa volta a non interrompere i servizi essenziali, anzi a potenziarli, con le attività di sanificazione e lavaggio che ancora oggi trovano la popolazione rassicurata da queste necessarie e buone prassi. La paura di questa malattia è stata molta, ma le prassi adottate sono state giudicate adeguate, oltre che rispettose di norme che peraltro si sono avvicendate con una certa rapidità nel tempo, generando qualche problema. Di certo una esperienza così non era mai stata fatta e basti pensare che mentre il territorio era deserto, l’80% degli operatori di Veritas era in servizio. Inoltre, i sistemi in 48 ore hanno potuto attivare oltre 500 postazioni da remoto.
La sua esperienza si è divisa tra pubblico e privato, è una distinzione che ha ancora senso in Italia nel 2020? Dove si è trovato meglio?
Il nostro è un Paese dove si chiacchiera tanto e si fanno ancora queste distinzioni, direi quasi inutili. Credo infatti che le organizzazioni vadano divise tra efficienti e inefficienti. In entrambi i settori, quindi, la distinzione pubblico-privato serve a poco. L’Italia è anche un Paese dove ci sono molte persone di valore che lavorano tanto e con profitto in entrambi i comparti. Così come ci sono organizzazioni da cambiare sia nel privato sia nel pubblico. Direi che, una volta definiti bene gli obiettivi principali, le persone capaci danno il massimo per fare bene, in entrambi i settori. Qualche volta il settore pubblico è un poco afflitto da clima sbagliato o da lamentele contagiose che deprimono persone e capacità individuali, devo però ammettere che vedere una organizzazione pubblica efficiente e che funziona è doppiamente soddisfacente; nel privato, dove, di contro, si può generalmente contare su riconoscimenti più materiali ed immediati, questa cosa è più scontata. Pubblico/privato non è un dilemma, efficiente/efficace o no, questo lo è: le realizzazioni personali si ottengono in entrambi i casi, ma nel pubblico raggiungere obiettivi concreti è molto gratificante. Talvolta si rischia di sentirsi un poco frustrati, se ci si aspetta che siano gli altri a gratificarti, ma in ogni caso c’è una legge che accomuna tutti e due i settori: se si lavora bene i risultati prima o poi arrivano; se non si fa niente, di sicuro non si vede niente.
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