Il fattore umano
Sfogliando le pagine del Corriere della Sera del 12 luglio 2023, la mia attenzione è stata attratta dal titolo “L’Intelligenza Artificiale cambierà il pianeta” di H. Kissinger, E. Schmidt e D. Huttenlocher. Le prime righe riportano testuali parole: “Oggi si annuncia una nuova epoca. In essa la tecnologia, ancora una volta, trasformerà la conoscenza, la scoperta, la comunicazione e il pensiero individuale. L’AI non è umana. Non spera, non prega, non ha sensazioni. Non ha consapevolezza o capacità riflessive.”
E che destino spetta al Fattore Umano?
L’essere umano, differentemente dalla IA, pensa, sente e percepisce, si emoziona, attua comportamenti in base a processi motivazionali, emotivo-affettivi e cognitivi. Ovvero ha una coscienza, quello che A.I. non è in grado di fare. La tecnologia semplifica la vita, ma non consente di so-stare nella vita reale. Viviamo in un’epoca attraversata dalla paura (pandemia, guerra, crisi climatica) e vincolata dalla digitalizzazione: all’essere umano si chiede di adottare nuove strategie di coping per affrontare e superare l’incertezza, la costante criticità e l’accelerazione dei cambiamenti. Così la Psicologia (la scienza che studia la psiche umana) diventa partner dell’Innovazione e della Cultura Organizzativa e il Benessere psicologico rappresenta una nuova competenza, una skill facilitante la produttività organizzativa e il rendimento personale.
Cosa sta succedendo alle persone?
Le persone appaiono più fragili, indebolite, sembrano disorientate. Per la mente umana cambiare è una sorta di stress, positivo-negativo allo stesso tempo. Il nostro cervello, quindi, è continuamente sollecitato. Un mindset caratterizzato da attitudini come la flessibilità, la visione positiva, l’apprendimento, il locus of control interno (*), la regolazione emotiva consente risposte adattative più efficaci. Un repertorio per affrontare le sfide del lavoro, mantenendosi stabili e ancorati.
Al tempo stesso, c’è una maggiore informazione e accesso all’offerta di strumenti e risorse per il benessere psico-fisico; ma soprattutto crescono l’autorizzazione e la legittimazione a stare bene. Credo, e lo dicono le ricerche, che la GenZ (i cui genitori sono i Boomers che occupano posizioni manageriali e gestionali nelle aziende pubbliche e private italiane) sia portatrice di una profonda trasformazione nel mercato del lavoro e di una rivoluzione culturale, una sorta di un nuovo umanesimo.
Il modo di intendere il lavoro è differente. Loro che sono nativi digitali, non vogliono essere delle macchine da spremere e da stressare. Questo sembra controintuitivo per le Aziende, che li giudicano superficiali, rapidi nel decidere e meno affidabili perché non so-stano a lungo nell’impresa, se non trovano corrispondenza nei valori. Essi sono portatori del mal-essere dell’attuale scenario, i cui problemi e le fragilità psicologiche, la minore capacità di tollerare le frustrazioni, di dare un senso alla fatica e all’appartenenza non possono essere ignorati.
Perché tanto bisogno di benessere e di salute mentale?
Prima di tutto perché lo stato di salute è olistico (mente e corpo, mens sana in corpore sano), e lo afferma anche l’OMS. E poi, secondo me, perché sono saltati credi, fedi, modelli che rappresentavano, in bene o male, riferimenti di sicurezza. Trovo molto interessante la differenza di parole usate nella lingua Inglese a proposito di sicurezza: safety (essere al sicuro: quindi la cintura di sicurezza, la mascherina, il posto fisso) e safeness (cioè sentirsi al sicuro).
Ecco le persone non si sentono più al sicuro. Secondo la Teoria dei tre Cervelli di P. Mac Lean (rettiliano, limbico/mammiferiano e neocorticale), l’essere umano percependo stati di minaccia agisce in modo compulsivo e stereotipato seppure estremamente efficiente. Le emozioni di base ansia, paura, rabbia, essendo degli algoritmi, indicano le azioni prime e automatiche per mettersi in salvo e assicurarci la sopravvivenza. Ma il nostro cervello neo-corticale (che deve processare informazioni, pensare, analizzare, decidere, etc.) funziona in modo efficace quando si sente al sicuro, ovvero quando è in connessione positiva con gli altri, quando coopera, quando compie operazioni di buon contatto ed esperienze di calma e di accudimento. In questi casi le capacità di execution e cognitive del cervello umano sono massimizzate.
Ci siamo sentiti dire di lasciare a casa le emozioni. Ora sono le persone che sono a casa. E allora come si fa ad incontrare le emozioni in azienda?
è normale che al lavoro succede che qualcosa non vada, si possano provare stati d’animo non piacevoli, si viva male un dissenso durante un meeting di lavoro, di vivere tante piccole micro-aggressioni. Capita di arenarsi al primo insuccesso, di non prendere mai la parola, di non sapere di no. Sono comportamenti abituali che possono beneficiare di un allenamento specifico, essere accompagnati e sostenuti.
Un esempio, sono le pratiche di Mindfulness (J. Kabat-Zinn) per facilitare l’osservazione della propria mente (pensieri) in preda al nostro pilota automatico, anziché alla nostra intenzionalità. Anche i percorsi di Mind Compassion, una delle applicazioni della Compassion Focused Therapy di P. Gilbert, sono un’altra possibilità per divenire consapevoli di come funziona il sistema nervoso e imparare a gestire al meglio il nostro assetto emozionale e motivazionale.
Come possono rispondere le Organizzazioni a questi cambiamenti?
Le Aziende Talent Attraction hanno nella loro Vision e nella Carta dei Valori il Benessere dei dipendenti e collaboratori. Hanno un programma concreto, ovvero sono passati dalla intenzione alla azione. Offrono Centri di Ascolto, Percorsi di Counseling, Interventi di Assessment, Programmi di Coaching e di mentoring e tailored training (**). Applicano nuovi modelli organizzativi e di lavoro (ibrido, smart working) per facilitare l’equilibrio tra la vita professionale e quella personale. Adottano un sistema partecipato e una comunicazione chiara.
Stanno crollando alcuni paradigmi che hanno caratterizzato le aziende dagli anni ‘90: il modello Taylorista “command and control” risulta obsoleto, oltre che attivatore di stress emotivo e demotivazione e quindi di fuga. I principi comportamentali che quando si lavora, si lasciano a casa i problemi personali, le necessità individuali e le emozioni stanno fuori di qui, sono superati dai confini fluidi e dal bisogno di essere così come sono, oltre le barriere divisorie.
Le condizioni di con-te-sto stanno drasticamente cambiando. Si va verso la fiducia, la responsabilizzazione, l’autonomia e la proattività del singolo, quale è il mio purpose. Si abbattano i tabù dell’andare dallo psicologo, del portare le proprie difficoltà nel mondo del lavoro; si aprono spazi di riflessione e di co-costruzione di soluzioni capo+collaboratore+azienda, quando si vivono fasi di impasse che sono tipici e normali nel Fattore Umano.
Il benessere, allora, possiamo definirlo come una competenza (Welfareness)?
Sì, dobbiamo osservare e rilevare, ad esempio quando si fa un Assessment Individuale, se quella risorsa è in grado, ha attitudine verso il proprio Welfareness, cioè quanto si prende cura di sé e degli altri e dell’ambiente in cui vive.
Il benessere psicologico è una competenza a 360° gradi che ci parla della persona, come questa agisce nel mondo, in che modo è in contatto con il proprio mondo interno e con quello altrui. E mi riferisco alla qualità dei pensieri, alla capacità riflessiva, così come alla consapevolezza delle proprie emozioni e di quanto sia in grado di regolarle, ovvero stare nella “finestra di tolleranza” (D. Siegel), affinché non si senta e non resti in una sorta di sequestro emotivo, quindi troppo arrabbiato, troppo o per nulla impaurito, troppo o per nulla triste o troppo eccitato, euforico di fronte agli accadimenti della vita (e non solo traumatici o straordinari).
Le Aziende innovative come possono ri-creare un ambiente che favorisca una Safeness e quindi una maggiore produttività ed efficacia personale e collettiva?
Per rispondere a questo occorre riflettere su cosa l’Azienda ha in pancia.
Ovvero l’organizzazione è disposta a un Self Assessment per misurare la presenza e l’applicazione reale di comportamenti, quali: Ascolto | Dialogo e Comunicazione | Connessione e Cooperazione | Fiducia | Inclusione | Ingaggio |Facilitazione di proattività individuale | Creatività e Flessibilità | Consapevolezza | Competenza emotiva| Mentalità sociale|?
Quale è l’impegno che l’azienda si prende nel badare (Treccani: badare · 1. Attendere a qualche cosa, averne cura, sorvegliare: b. · 2. a. · b. Aver cura di fare una cosa: bada di comportarti bene. · c. Considerare attentamente) a che le persone si sentano bene?
Questi temi partono dalla testa. Per questo è necessario sensibilizzare il Board, portare nei CDA programmi e strategie di benessere e salute mentale.
Creare un Manifesto del Benessere psicologico può essere il primo passo.